Cotechino e zampone: differenze e come cuocerli

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Immancabili. In occasione del pranzo di Natale, o durante il cenone di Capodanno, rigorosamente accompagnati da purè e da lenticchie (di buon auspicio). Parliamo ovviamente del cotechino e dello zampone, piatti sempre presenti in questi giorni di mangiate in compagnia. Ma quale differenza c’è tra cotechino e zampone? Non sono poche le persone che confondono tra loro questi due piatti della tradizione culinaria italiana. Vediamo quindi qual è l’uno e qual è l’altro, per poi dare qualche preziosa informazione circa la loro cottura.
Cotechino e zampone: la differenza
La storia dello zampone
Come cuocere zampone e cotechino
Parliamo quindi della differenza tra i due insaccati, per non fare brutte figure né a tavola, né dal macellaio. Partiamo da quello che zampone e cotechino hanno in comune, ovvero dal loro interno. Certo, ogni macellaio – meglio: ogni norcino – ha una ricetta personale, ma in linea di massima gli ingredienti fondamentali sono sempre i medesimi.
All’interno di questi insaccati diversi nell’aspetto e simili nel gusto si trova dunque carne di maiale, sia grassa che magra, macinata in modo decisamente grossolano. Insieme a essa si troverà poi la cotenna dell’animale, questa tritata in modo decisamente più attento, e una certa varietà di aromi, tra cui pepe, chiodi di garofano, noce moscata, cannella e altri odori che cambiano di volta in volta.
Se l’interno è uguale, a cambiare è piuttosto l’esterno, ovvero l’involucro, il contenitore di questo ripieno. Il cotechino, come un normalo insaccato, è avvolto nel budello del maiale: niente di anormale quindi. A distinguersi dai colleghi è invece lo zampone, che viene fatto all’interno della zampa del maiale, come del resto suggerisce il nome.
In nessuno dei due casi, sia chiaro, si parla di piatti leggeri. Lo zampone, però, è leggermente più calorico, per il grasso rilasciato dalla zampa durante la cottura.
Ma come si è arrivati a una cosa ‘stravagante’ come lo zampone? Se infatti il cotechino sembra esistere dall’antichità – è spesso individuato come il padre degli insaccati – lo zampone, con la sua particolarità, ha una data di nascita ben precisa. Si parla infatti del 1511, anno in cui le truppe papali di Giulio II assediavano la cittadina di Mirandola.
I mirandolesi, nel momento in cui s’accorsero dell’approssimarsi della sconfitta, decisero di macellare tutti i maiali, per non lasciarli in mano ai nemici; per non sprecare nemmeno un grammo di carne, decisero di usare le zampe anteriori come sostituto del budello. Si dice che quest’idea, pazza e geniale al tempo stesso, fu del filosofo Pico della Mirandola.
Si tratta di un piatto delle feste, da portare in tavola con amore e passione. Insomma, per l’occasione è meglio acquistare il prodotto fresco, e non il cotechino o lo zampone precotti. Del resto la cottura di questi insaccati è piuttosto semplice: è sufficiente bucherellarli, avvolgerli in carta stagnola – anche se la tradizione vorrebbe un telo di tessuto – e immergerli in acqua rigorosamente fredda all’interno di una pentola a pressione alta e capiente, come quelle del marchio WMF, per poi portare a bollore e lasciar cuocere per circa un’ora e mezzo, tutt’al più due ore.
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